Ha destato grande clamore, nei mesi scorsi, l’indagine della Procura della Repubblica di Campobasso, condotta dalla Squadra Mobile di Campobasso, su segnalazione della Direzione Regionale del Molise dell’Agenzia delle Entrate, che ha portato, oltre all’imputazione di vari commercianti locali, all’annullamento dell’immatricolazione ed al ritiro della carta di circolazione e delle targhe di numerosi veicoli, a carico di privati nei confronti dei quali si ipotizzava la presentazione di dichiarazioni mendaci, in sede di nazionalizzazione di veicoli oggetto di acquisto intracomunitario.
Nella prassi operativa, lo sblocco della circolazione delle vetture è stato subordinato al pagamento, da parte dei privati acquirenti, dell’IVA non versata dai rivenditori molisani.
Il fenomeno e le indagini si sono estesi a varie zone d’Italia, ed i privati cittadini sono stati costretti ad adire il Giudice Amministrativo, oppure a pagare in luogo dei commercianti.
Gli avvocati Francesco ed Antonio Mancini, del Foro di Campobasso, sollevavano, dinanzi a vari TAR interessati, l’illegittimità di tale procedura, per falsa applicazione della normativa in tema di IVA e violazione della riserva di giurisdizione tributaria, non potendosi giustificare che l’obbligo del versamento dell’IVA in capo ai privati acquirenti venisse agitato da organi a ciò non deputati e senza l’accertamento dei suoi presupposti nelle sedi competenti.
Richiamavano, in primo luogo, la Circolare n. 29457, del 17 dicembre 2015, con la quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel dettare agli UMC un percorso rigoroso e rispettoso delle garanzie difensive, affermava, peraltro, “l’incompetenza degli Uffici della Motorizzazione Civile in materia fiscale”.
In particolare, il TAR della Campania, con la sentenza n. 00665/2020, pubblicata l’11 febbraio 2020, adito dai suddetti legali, annullava un provvedimento di revoca dell’immatricolazione del veicolo del privato, aderendo alle eccezioni dei ricorrenti ed osservando che la presunta evasione IVA “non è stata accertata e contestata nelle forme rituali dall’Agenzia delle Entrate”.
La Direzione Generale Territoriale del Sud dell’UMC di Napoli, compulsata dagli stessi avvocati campobassani con riferimento ad altro privato acquirente, con nota del 24 giugno 2019 informava di avere richiesto un parere all’Avvocatura Distrettuale dello Stato, in ragione della persistente difformità di interpretazione, tra il Ministero delle Infrastrutture – Direzione Generale per la Motorizzazione Divisione 5, che, con parere n. 18116 del 5 giugno 2019, negava la propria competenza all’annullamento dell’immatricolazione in assenza del provvedimento del Giudice, vertendosi di fattispecie con profili penali, e l’Agenzia delle Entrate, che insisteva nel richiedere l’attivazione delle procedure amministrative per la decadenza dai benefici con l’annullamento dell’immatricolazione.
In esito ad altro procedimento avviato dallo Studio Mancini, con nota del 2 marzo 2021, il Ministero delle Infrastrutture – Ufficio I della Motorizzazione Civile di Roma- Sezione di Frosinone, ha adottato una condotta che rende piena giustizia alle doglianze delle parti private, riscontrando l’assenza dei requisiti per pretendere dai privati il versamento dell’IVA non versata dai rivenditori, in quanto, “vista la Nota della Direzione Provinciale di L’Aquila dell’AE, del 29 gennaio 2021, nella quale si chiarisce che “i cessionari privati non sono soggetti passivi IVA e pertanto non vi è norma nel DPR 633/72 che co- obbliga questi ultimi nel versamento dell’IVA” e vista la Nota della Direzione Generale per la Motorizzazione prot. 29200 del 5.2.2021, che ammette la reimmatricolazione dei veicoli per i quali si è proceduto all’annullamento, riammette in circolazione il veicolo previa reimmatricolazione.
In conclusione, emerge con chiarezza che l’inedito modus operandi degli Organi e degli Uffici molisani, che hanno ritenuto di potere recuperare dai privati cittadini l’IVA non versata all’Erario dai loro fornitori, pena il diniego alla restituzione delle carte e delle targhe, non trova alcun conforto nella normativa tributaria ed amministrativa, con la presumibile conseguenza che le somme erogate a tale titolo dagli ignari acquirenti regionali possano intendersi restituibili, per non integrare un arricchimento senza causa da parte dell’Erario.