di Antonio Mancini – Francesco Mancini
Tra le misure a contrasto dell’emergenza epidemiologica, il Decreto n. 34/2020 (c.d. Rilancio), convertito con la legge n. 77/2020, ha introdotto, all’art. 38, disposizioni straordinarie a sostegno delle start-up innovative e degli incubatori certificati, di cui al D.L. 179/2012.
Viene così nuovamente alimentato il valore evolutivo (forse fin qui scarsamente coltivato) del suddetto decreto legge del 18 ottobre 2012, convertito con legge n. 221/2012, che conferì cittadinanza alle start- up innovative, intese come società di capitali non quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, in possesso di determinati requisiti, quali:
- L’essere costituite da non più di 5 anni;
- Avere sede principale in Italia o altro Paese UE;
- Detenere un valore annuo della produzione non superiore a 5 milioni di euro;
- Non distribuire utili;
- Non derivare da scissioni, fusioni o cessioni di azienda o rami di azienda;
- Avere per oggetto esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, secondo gli indicatori di cui all’art. 25 del citato decreto legge.
Lo stesso articolo, al comma 5, definì incubatore certificato la società di capitali, costituita in Italia ovvero fiscalmente residente nel Paese, che offra servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo delle start-up innovative, disponendo di strutture di accoglienza, sistemi di accesso in banda larga, sale riunioni, macchinari per test e prove, figure amministrative e gestionali di comprovata competenza, rapporti di collaborazione con università e centri di ricerca che svolgano attività e progetti collegati alle start-up innovative.
L’art. 27 del decreto in esame ha poi previsto una forma inedita di remunerazione – il work for equity – del personale, degli amministratori, dei collaboratori non occasionali e dei prestatori di servizi professionali ai su indicati soggetti, consistente nell’assegnazione, in luogo del denaro, di azioni, quote e strumenti finanziari.
L’evidente e condivisibile finalità della disposizione è quella di favorire la più ampia e qualificata partecipazione al capitale delle società di capitali caratterizzate dal perseguimento di obiettivi di innovazione e di ricerca tecnologica avanzata.
L’incentivo è sorretto da premialità fiscali, laddove il valore delle azioni, quote e strumenti partecipativi emessi a fronte di opere e servizi, inclusi quelli professionali, non concorre alla formazione del reddito complessivo del soggetto percettore/apportante (art. 27, comma 4), a condizione che tali strumenti o diritti non siano riacquistati dalla start-up innovativa o dall’incubatore, con la conseguenza che, esemplificativamente, l’avvocato, l’ingegnere, il commercialista, il notaio, etc., che, avendo fornito servizi, riceva in cambio, invece che il denaro, quote di partecipazione al capitale, è esonerato dal pagamento delle imposte e dei contributi.
Analogo beneficio non è contemplato per l’IVA, di tal che il servizio reso deve essere assoggettato all’imposta sul valore aggiunto, evidentemente in base al valore normale dell’utilità ricevuta “in natura”, in ossequio agli artt. 13 e 14 del D.P.R. 633/72.
Il compenso così determinato concorrerà, dunque, al volume d’affari dell’avvocato, ma non al suo reddito complessivo ed all’ammontare dei contributi dovuti alla Cassa di Previdenza.
Pertanto, per conciliare le diverse discipline, appare necessario che il professionista emetta regolare fattura, con IVA ordinaria, calcolata sulla base imponibile commisurata al controvalore della prestazione fornita, ma senza applicazione del 4% (C.P.A.), in quanto, in virtù del regime speciale di cui all’art. 27 del D.L. 179/2012, le quote ricevute non concorrono alla formazione del reddito del percipiente, anche ai fini contributivi.
Non solo: secondo la lettera della norma in commento, sembra di poter concludere che la parte di reddito “esonerata” dalle imposte personali e dagli oneri contributivi, id est il citato compenso “in natura”, debba essere defalcato dal reddito del professionista da indicare nel Mod. 5 ai fini della determinazione del contributo soggettivo, onde garantire il concreto rispetto del beneficio dell’esonero in questione.
E’ augurabile che una norma così creativa conquisti lo slancio operativo che merita.
https://www.cfnews.it/avvocatura/i-vantaggi-fiscali-delle-prestazioni-professionali-in-favore-delle-start-up-innovative/
Fonte CFNews.it – Articolo del 15.06.2021