Si è tenuta venerdì, presso la Corte d’Appello, l’annuale consegna delle medaglie d’oro agli avvocati che hanno svolto 40 anni d’attività. L’occasione è stata propizia anche per commemorare la memoria di Erminio Roberto e Roberto Fagnano, prematuramente scomparsi.
A ricevere l’ambito riconoscimento sono stati gli avvocati Francesco Mancini, Giuseppina Cennamo, Enrico Gentile e Carmine Verde.
Una sala gremitissima ha accolto i premiati, apparsi visibilmente emozionati. Il saluto è toccato alla presidente della Corte d’Appello Rossana Iesulauro che ha sottolineato come l’attività svolta dagli avvocati premiati possa fungere da esempio per i più giovani. Il presidente dell’ordine Giuseppe De Rubertis ha ricordato le figure di Erminio Roberto e Roberto Fagnano, mentre il presidente della Cassa Forense Nunzio Luciano ha esposto le iniziative e le funzioni dell’ente di previdenza ed ha salutato i quattro premiati. E’ toccato poi ai quattro avvocati che hanno raggiunto il prestigioso traguardo esternarne le proprie sensazioni. Al termine della cerimonia abbiamo avvicinato l’avvocato Franco Mancini. «Accanto all’orgoglio per il raggiungimento di questo traguardo – ha commentato l’avvocato visibilmente emozionato – provo un senso di smarrimento. Dettato dal fatto che abbiamo di fronte a noi un tempo minore per nuove sfide ed esperienze. Il mondo del diritto è talmente esteso ed avvincente che non si vorrebbe mai abbandonare la ricerca e la conoscenza di nuovi settori. Non si finisce mai di apprendere e di essere affascinati».
Che consigli si sente di dare ai più giovani?
«I giovani avvocati hanno un compito difficile rispetto alla nostra generazione, perché le competenze da esplorare sono più ampie e perché la concorrenza è maggiore, essendoci un numero elevatissimo di iscritti. La domanda è divenuta più complessa e anche il mondo di internet ha tolto all’avvocatura l’autorevolezza e il prestigio che aveva un tempo. Ho grande rispetto e profonda solidarietà per i giovani – come hanno sottolineato anche dagli altri colleghi premiati – che hanno davanti a loro una strada maggiormente irta».
Cosa può fare concretamente per i giovani?
«Ho una grande opportunità per fare qualcosa di concreto per i giovani grazie al ruolo che mi ha assegnato Nunzio Luciano (presidente della Cassa forense) all’interno della Cassa forense nazionale. Sono uno dei 5 sindaci che fa parte del consiglio d’amministrazione dell’ente nazionale. La Cassa di previdenza lavora per il futuro dei giovani, è un soggetto attivo di tutela delle aspettative dei giovani. Ma ho avuto anche un’altra fortuna, quella di avere in casa un altro avvocato, mio figlio Antonio. E’ per me un privilegio, motivo di orgoglio e di responsabilità».
Dopo 40 anni di attività cosa può dirci dell’avvocatura?
«Le rispondo con una massima di Piero Calamandrei: “L’esercizio dell’avvocatura è una scuola di libertà e di dignità, dove l’amore per la giustizia vale, più che come stimolo di eloquenza, come regola di vita».
Articolo dal sito https://quotidianomolise.com/ del 23 dicembre 2019